Tra USA e Russia dopo il summit in Alaska: parole, non missili!

L'incontro di ferragosto tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska, pur non avendo prodotto un accordo formale immediato, segna - speriamo - un passo significativo verso la normalizzazione dei rapporti tra le due superpotenze nucleari. Per chi, come noi Disarmisti esigenti, ritiene che la priorità assoluta in quest'epoca debba essere lo smantellamento della logica della deterrenza nucleare, questo vertice rappresenta una breccia, per quanto fragile, in un muro di ostilità e sospetto. Non possiamo accontentarci di un mondo in cui la sicurezza si fonda sulla reciproca minaccia di annientamento. L'unico sentiero percorribile è quello del dialogo e della fiducia, anche quando le posizioni sembrano inconciliabili.
Un segnale di speranza
A ben vedere, l'assenza di un accordo di cessate il fuoco immediato non deve essere interpretata come un fallimento totale del vertice. In un'epoca segnata da tensioni profonde, ogni passo verso la distensione ha un peso enorme. Il fatto che i leader di due nazioni che detengono la maggior parte delle testate nucleari del mondo si siano incontrati per quasi tre ore, affrontando temi cruciali come il rinnovo del trattato New Start e la crisi ucraina, è di per sé un successo. Il loro dialogo ha aperto una "linea di credito" reciproca, un fragile ma essenziale filo di fiducia che in passato era completamente assente.
Oltre la retorica: temi e prospettive
Al di là del conflitto in Ucraina, il vertice ha toccato questioni fondamentali per la sicurezza globale. Il rinnovo del trattato New Start, che limita il numero di testate nucleari strategiche, è un tema di vitale importanza. La sua scadenza minaccia di riportare il mondo a una corsa agli armamenti incontrollata. L'aver discusso di questo argomento con la possibilità di una proroga o di un rinnovo dimostra che un dialogo costruttivo è ancora possibile, nonostante le profonde divergenze. Questo è il punto centrale della nostra battaglia: mostrare che la pace si costruisce non con la minaccia, ma con la fiducia reciproca, con la progressiva eliminazione di ogni arma di distruzione di massa.
Un cammino lungo e difficile
Certo, il cammino è ancora lungo e irto di ostacoli. La situazione in Ucraina rimane estremamente complessa, con la Russia che insiste sulle sue rivendicazioni territoriali e l'Ucraina che non intende cedere un centimetro. La mancata partecipazione di Zelensky ha reso il tavolo incompleto, ma la volontà espressa di stabilire un percorso negoziale, una volta che le delegazioni si saranno riunite di nuovo, mostra un impegno concreto. L'assenza di una vera conferenza stampa congiunta e la brevità delle dichiarazioni finali hanno lasciato molti dubbi, ma i leader hanno preferito la prudenza al sensazionalismo. La possibilità di un incontro a Mosca, suggerita da Putin e accolta da Trump, è un altro segnale che indica la volontà di proseguire un dialogo diretto, superando il format del summit in Alaska.
In un'era in cui la logica della deterrenza ci tiene prigionieri, la costruzione di una fiducia reciproca, passo dopo passo, è l'unico modo per uscire da questo circolo vizioso. La speranza, fragile e tenace, è che le parole pronunciate in Alaska si trasformino in azioni concrete, portando a una pace, per quanto imperfetta, e allontanando per sempre lo spettro di una guerra totale. Perché, come dice il vecchio proverbio, una brutta pace è sempre meglio di una bella guerra.
Alfonso Navarra - 16 agosto 2025 (redatto con l'aiuto di ricerche su Internet e di GEMINI)